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Sulakfaht di Natale – Tartaruga di Natale

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Domenica di metà dicembre. Attraverso, sulla bicicletta carica di disegni, la città intirizzita, intenta a rifarsi le piume dopo la gelata notturna.

Salutano la mia pedalata sorrisi che si aprono bianchi sotto occhi scuri. Il ragazzo filippino che rastrella le foglie secche nel cortile di una villetta di via Alberti, il signore pakistano con la sciarpa attorno alle orecchie che vende il Resto del Carlino al semaforo tra Masi e Mazzini, un giovane rom che si sta infilando la tracolla della fisarmonica, seduto sui gradini di Santa Maria della Pietà, in San Vitale.

Incomincio a impastare civette a pastello e a sfornare tartarughe di Natale mentre sale dalla pianura l’alito ghiacciato della nebbia. Arrivano le prime visite: Freddy con il flauto nello zaino e il suo piccolo cane, la bambina Martina che oggi ha due ciuffi di capelli blu, Davide che si è licenziato dall’ultimo incarico come infermiere dopo aver scoperto gli affari mafiosi dei suoi superiori, e ora è tornato a dormire in stazione.

La gente si accalca alla cassa dei negozi e si fermano a farmi gli auguri Pilo che sta organizzando il suo prossimo viaggio verso il caldo sudamericano, Giuditta che trascorrerà il Natale a danzare in India e Eldi che invece tornerà qualche giorno in Albania, contento di prendersi una pausa dal guazzabuglio precario dei suoi lavori.

Alla solita ora, nel primo pomeriggio, viene a farmi il solletico la signora Maria che, con i suoi settantacinque anni, l’altro giorno è caduta, ma il gesso che le han messo sul naso se l’è tolto da sola perché altrimenti non riusciva a vedere la televisione. E all’ora del tè ecco Primo Gnani, che invece ha superato gli ottanta, con i suoi racconti di quando era bambino e andava dal pasticcere a comprare per pochi spiccioli le briciole che avanzavano sui vassoi delle paste.

Quando si accendono le luci dorate delle comete appese al cielo nero, avviene l’incontro fortuito tra Enrico grande, contento per il successo del primo mercatino per bambini al circolo Atlantide dove di solito organizza concerti punk, e la mamma di Enrico piccolo che all’Atlantide ci abita vicino e non soffre la musica dei concerti, che anzi le allieta le levatacce quando è ora di allattare.

Al momento di chiudere i colori nel cassone di legno sul portapacchi della bici, Rashid e Mustafà si fermano a insegnarmi i nomi arabi degli animali che ho disegnato -“filun” l’elefante, “bumun” la civetta e “sulakfaht” la tartaruga.

Quando gli domando cosa faranno a Natale, loro che sono musulmani, mi rispondono: -Anche noi festeggiamo, coi nostri amici pakistani, ucraini e rumeni. Facciamo festa anche a capodanno: il nostro sarebbe stato a novembre, ma adesso siamo in Italia!

Rashid

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